Sandro Tonali è uno che dimostra più della sua età. Sul campo, naturalmente. Fuori torna a essere un ragazzo di nemmeno 22 anni (li sta per compiere, l’8 maggio prossimo), molto incline agli scherzi e alla battuta, raccontano a Milanello. Ma in campo, con quel numero 8 e i capelli che da lontano lo fanno somigliare a volte un po’ a Gattuso (e a volte pure a Pirlo, da lì e dal fatto che abbia debuttato in A col Brescia è nato un accostamento tattico improprio), Tonali è il prototipo del calciatore maturo.
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L’abbraccio con Pioli
Della sua personalità evidente, del resto, sono specchio due scene emblematiche: l’abbraccio con Pioli sul prato, dopo la partita dell’Olimpico, un gesto naturale che di solito però gli allenatori riservano ai leader, e le parole, queste certamente da leader in pectore, che il ragazzo aveva detto dopo Turchia-Italia, parlando a nome della squadra e riassumendo il sentimento dei compagni: “Non giocare un Mondiale fa male e non giocarne due di seguito fa ancora più male. Bisogna ripartire da questa vittoria”. Un dubbio spontaneo si è a quel punto affacciato: che il suo mancato impiego a Palermo, contro la Macedonia del nord, sia tra le concause del mancato viaggio dell’Italia in Qatar.
Cresciuto grazie alla Champions
Nella crescita evidente di Tonali, dopo la prima stagione milanista migliorabile, c’è una parola chiave: Champions. Quelle 6 presenze (5 da titolare) nel torneo per club più importante del mondo, come lui stesso ha spiegato in un’intervista a Repubblica, hanno accelerato il processo di maturazione, perché non esiste palcoscenico più formativo per un giovane talento. La Champions alza i ritmi di gioco, costringe a un’intensità diversa dal campionato, sottolineava. Non diceva, perché è già scafato e non cade nelle trappole dialettiche, che spesso la Champions sembra davvero un altro sport, rispetto al campionato italiano.


L’importante è che Tonali per questa disciplina sia già pronto, come ha confermato la sua serata da trascinatore contro la Lazio. Non si è mai arreso, dopo la falsa partenza della squadra e il gol di Immobile. E non è un caso che in area, su quell’ultimo pallone fatale a Strakosha, a raccogliere l’assist di Ibra e a spingerlo in porta anche con la volontà, ci fosse appunto il giovane Sandro. Uno che copre 80-90 metri di campo, anche per qualche compagno che non ci riesce, e lo fa senza lamentarsi. Uno che fa il mediano o il regista, un po’ Gattuso e un po’ Pirlo. Uno che corre anche veloce e recupera palloni, quando occorre. “Un falso lento”: il copyright è suo. Uno che ha fame e che l’avrà fino a fine stagione, come chiede Pioli. Che sia nato l’8 maggio 2000, quarant’anni esatti dopo Franco Baresi, per i milanisti è un segno del destino.
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